In uno scenario più simile a Beirut che non al litorale pisano, tra scheletri di ex-colonie estive e marciapiedi divelti dalle radici dei pini, si stende l’ampia superficie del Green Park Hotel. Dentro, il ristorante Lunasia.
L’accoglienza è cortese, la sala silenziosa, il giardino – che si apre oltre le pareti di vetro – fa da scenografia naturale. L’apparecchiatura è moderna e tetragonale, con un sottopiatto argentato forse un po’ discutibile quanto a sobrietà. In compenso i pani sono fragranti e serviti a passaggio, l’acqua è sempre in fresco e le bollicine non si fanno aspettare – così, giusto come benvenuto.
Il consiglio – accettato prontamente – è di affidarsi al Menù Degustazione. Preceduto da una serie di ammuse bouche che qui chiamano Pica Pica: provetta con succo di pomplemo e aria di salvia per pulire la bocca, poi ostrica fritta, una nuvoletta di baccalà in pastella croccantissima, un nano-sandwich al salmone (banaletto ma buono…), schiuma di acqua di pomodoro da bere (gulp) come uno shottino, cucchiaio con cremosissimo gelato al foie gras. Sfizi in certi casi déjà vu, realizzati e presentati con gusto ludico.
Anche l’antipasto ha qualcosa di scenografico: un grande piatto sormontato da un calice rovesciato. Dentro, un cubo di salmone freschissimo e crudo, adagiato su di un’insalata di germogli di crescione ed una gelatina all’aceto. Si alza il calice e… ecco l’affumicatura: sigaro toscano. Soffiato dentro all’ultimo momento, prima di servire in tavola, e quindi imprigionato dal vetro del bicchiere. Il risultato è un sapore grasso e marino, come quello del salmone, equilibrato dall’aroma terrigno ed acre del sigaro. Un gioco che non piacerà ai non fumatori.
Il primo piatto è il Cacciucco. Naturalmente preso, smontato e rimontato – una specie di mania, da queste parti! Una crema liquida e tiepida di pesce dal sapore forte, sapida al punto giusto. Dentro, in armoniosa configurazione, dei fagottini di pasta sottilissima ripieni di tentacoli di polpo – quasi un controcanto alla crema. Quindi una montagnola i cui strati sono un filetto di triglia, delle vongole, delle cozze (sgusciate) e del polpo dalla tenerezza commovente. Una sorta di “Cacciucco Sbagliato”, più leggero e aristocratico di quello della tradizione. Davvero buono.
Il secondo è più semplice – ma probabilmente il migliore in quanto ad esecuzione: ombrina cotta nella terracotta con verdure al forno. Tutto molto pulito, con i sapori calibrati, neanche una traccia di unto nel piatto. Le polpe succose, le verdure quasi dolci, aromi di erbe fresche in sottofondo. Una portata da mangiare per pura gola: l’idea di Mediterraneo che vorremmo avere sempre con noi.
Dessert – altra destrutturazione: Irish Coffee (ma perché poi l’Irish Coffee? non era meglio il “Ponche”?). Ovvero: un tortino caldo al caffè dal cuore fondente, un gelato alla panna, una mezzaluna di caramello e una spruzzata di wiskey irlandese – come fosse Chanel n° 5. Il risultato è quasi schizofrenico, una girandola di estremi, dall’amaro (caffe e caramello scurissimo) al dolce (del gelato). Tutto avvolto nella potenza alcolica del distillato “spraizzato”. Peccato che fuori sia quasi estate e a due passi ci sia il mare con i primi tedeschi a fare il bagno…
Finale con piccola pasticceria divertissement: cucchiaio con gelato al cioccolato fondente, sale grosso e olio d’oliva; cialde e biscotti; bicchierini alle fragole liquide; golosità e amenità varie.
I vini serviti in abbinamento – opzione del menù degustazione – sono interessanti ma non eccelsi. Eppure la carta è più che valida, per chi volesse togliersi lo sfizio. C’è da dire che con una cucina così eclettica, è difficile trovare etichette adatte.
In conclusione, il ristorante è candidabile per le Stelle francesi, ha cucina e servizio di livello, ambiente ovattato e capacità di affascinare. Purtroppo la mano del cuoco dà l’impressione di essere ancora un po’ troppo “scolastica” (parlando ovviamente di eccellenza), attenta a fare bene le cose, senza sbavature, elucubrando e teorizzando, ma perdendo di vista di tanto in tanto l’essenza della gastronomia: il gusto. Quando poi accade che un piatto funzioni – come per l’ombrina e il Cacciucco – le papille si riempiono di gioia e la cena vale tutti i soldi che costa. Quanti? 65€ per persona, vini inclusi. Pochi, considerata la complessità del menù e la quantità di personale impiegata. Quattro Ganasce.
6 risposte
Confermo le 4 stelle, sono stato più volte al Lunasia (circa 5/6) nell’arco di 2 anni. Il posto è gradevole (forse un pò troppo moderno), il servizio è al Top, la Consulenza all’abbinamento vino è NOTEVOLE (ho notato con piacere che non si “punta a far spendere”.
Il menù è sempre vario, molto ricercato, in alcuni tratti FUSION, si punta senz’altro all’alta ricerca culinaria (le mia papille ricordano con amore un apetizer composto da un’OSTRICA FRITTA….). La presentazione dei piatti è una gioia per gli occhi. Tutte le volte che sono uscito dal LUNASIA, ho sempre pensato “questa non è stata una cena. E’ stato un viaggio!”. Quattro stelle mmeritate, se poi consideriamo che in altri locali (non voglio fare nomi…) si spendono tranquillamente 50 euro per un primo e una bistecca….(vero emilio!?!?!)
Dimenticavo, complimenti ad Onnivoro per la recensione! Rende molto bene l’idea!
Vero pagus, anche di più perchè se da me prendi un primo ( prezzo da 8 a 12 euro) una fiorentina da 800 gr. 36 euro, una bottiglia di vino tranquilla 10/12 euro acqua e caffè spendi incluso il coperto 60/62 euro.Il contorno da me è sempre compreso.Prova a prendere le stesse cose in due:2 coperti 4 euro, due primi 16/20 euro la bistecca 36/45 euro vino acqua e caffe 13.5 il totale è 73,5/102,5 che diventano 70/100 euro. 35/50 euro a testa.Pagus, se ti vorrai presentare a me un giorno ti farò vedere le fatture della materia prima base che compro e i ricarichi che applico così la smetterai di rompere i c….. e continuare ad ammiccare che sono caro.Sono costoso,vendo prodotti costosi e non posso permettermi di stare sul mercato a prezzi più bassi. Più TRASPARENTE DI COSì.
Provato il 14 giugno.
Purtroppo il litorale non è ben conservato, non assomiglia a Beirut ma ho visto tanti cantieri aperti, e ho letto sul giornale che di quì a pochi anni Calambrone sarà una località turistica con un altra faccia. Lo spero per Pisa.
La struttura del green park resort è veramente ben tenuta, essendo arrivati presto ci siamo fatti un giro per scuriosasre ed il parco è veramente idilliaco con tutti i suoi colori ed i suoi profumi. Abbiamo preso l’aperitivo a bordo piscina e la serata è partita da se. Incantevole rilassarsi al tramonto di questi tempi quando l’estate non ha ancora dato tutto il suo calore. La cortesia del personale ci ha distratto dall’orario ma era giunta l’ora della nostra prenotazione al ristorante Lunasia, le 21.00.
Siamo entrati e subito ci ha accolto il maitre con gentilezza, una volta accomodati al tavolo e letto con attenzione la carte, abbiamo seguito il consiglio di onnivoro (con tanti ringraziamenti) e ci siamo affidati nelle mani dello chef. Servizio di sala efficente, cortese e puntuale. Iniziamo con l’aperitivo che qui chiamano pica pica, Una successioni di micro degustazioni un poco provocatorie tra il dolce il salato, il caldo ed il freddo tutte interessanti ed alcune eccellenti tra cui del gambero crudo con il suo gelato, uno straorninario gelato d’acciuga, dei calamari fritti un poco piccantini e una crocchetta d’ostrica avvolta nel mango ed impanata con spezie(+++). Tutto servito con metodo classico antinori ed in chupitino di succo di pompelmo, wodka e salvia in selz.
Servizio del pane fatto in casa, fragrante e caldo, una selta di oli extra vergini e sale Maldon (una località Inglese ci hanno detto)a condimento e anche per il bere ci affidiamo a una degustazione al bicchiere che ci guiderà il maitre che sembra di saperne molto! Come partenza lo hanno chiamato Sfiz’io, cioè un trancetto di palamita quasi cotto con una gelatina d’aceto, messo sotto un bicchiere e affumicato con il sigaro toscano. Partenza di sprint. Ci ha raccontato il cameriere che questo piatto lo Chef lo ha presentato in una rassegna gastronomica ad Arezzo, valendogli il titolo di miglior chef emergente delle toscana 2008.
Poi Cacciucco fingher, un cacciucchino strepitoso servito con tutti i pesci che lo compongono arrositi su di uno spiedino intercalato con fettine di pane ( tra cui il polpo al vino rosso commovente). A seguire degli ottimi calamaretti arrostiti su crema di piselli ed una gelatina di menta e basilico. Come primo un spaghetto alla chitarra leggermente affumicato alla marinara detto carbonara di mare, per la cialdina al sapore di carbonara e la grattugiata di uovo disidratato che ci vengono messi sopra. E arriva il secondo, un pagellino cucinato al forno pensando al Marocco. Il risultato è eccellente: per cottura, per qualità del pesce (sopratutto in questi tempi) e per il profumo della salsa che veramente ricorda il profumo delle spezie nelle vie di Marachesc, accompagnato da una capponatina un poco agrodolce che rifinisce il quadro del basso mediterraneo. Dessert: alexander versione dessert buono ed entusiasmante nel gioco caldo freddo,e nella reinterpretazione del coktail classico. Dopo i gelati salati convincono molto anche quelli più tradizionali della mattonella Zagara (per me fino a ieri era il profumo del fior d’arancio) per lo chef un dessert a strati composto da gelato di ricotta, sorbetto di fragole,semifreddo di pistacchi e gelato di mandorle, buono davvero. Per finire a non poterne più la piccola pasticceria molto varia servita propri dallo chef, tra cui ricordo un abbinamento tra pane sale olio e cioccolata servito su un piccolo cucchiaio e la spuma di yogurt con una solsa di frutti rossi e caffè a finire.
Speso 55,00€di cibo e 22,00€ di bevande a testa.
Il rapporto qualità prezzo e senza ombra di dubbio fuori dicussione, per me ottimo come ottimo il servizio, l’ambiente, anche se forse un poco freddo, la qualita delle materie prime e la cucina fantasiosa, precisa, gustosa e molto tecnica.
Per ma e cinque ganache
Questo Lunasia mi intrippa sempre di più…appena torna la parte feminile mi sa che una scappata ce la faccio…
provato a cena,un’esperienza interessante,abbinamenti insoliti o rivisitati con grande cura per ogni dettaglio,particolare lode alla qualità e varietà del pane,concordo con onnivoro,in alcuni piatti trovo più tecnica che cuore ,anche l’ambiente da più l’idea di un tempio della cucina dove i piatti si degustano in reverenziale silenzio ma forse nei ristoranti di questo livello è la prassi,vale la pena provarlo almeno una volta comunque .Ps. se volete vedere l’ambiente e i piatti cercatelo sul sito di altissimo ceto!