Non so proprio come mai non mi è venuto in mente prima di fare la recensione di questo locale, che frequento ormai da parecchio. Rimedio ora, anche se è da un po’ che non ci vado.
Come forse avrete capito, pur non disdegnando la cucina creativa, io prediligo i ristoranti di solida tradizione, dove fanno cose tradizionali, ma le fanno bene. Anche questo è un ristorante “di serie B”, cioè non “scadente”, ma “di seconda fascia”, uno di quelli insomma che non aspirano alle stelle Michelin, ma le loro cose le fanno come si deve.
L’ambiente è tipicamente “anni ’60”, con una sala non grandissima, apparecchiata dignitosamente ma senza tanti fronzoli, e si trova al piano terra di un edificio appunto di quegli anni. Notevole, al centro della sala, una struttura in ghisa che sostiene il soffitto, con sotto la cassettiera delle posate (anche questo fa tanto anni ’60!).
La loro cucina è tipicamente maremmana (Venturina è al confine maremmano nord?), e il punto di forza sono i tortelli maremmani, di ricotta e bietola, quelli cosiddetti “con il marciapiede”. Cioè (per chi non li conoscesse), dei ravioli quadrati di 7 – 8 cm di lato, con un bordo di un centimetro abbondante. In un piatto del genere, la cura dei dettagli è tutto; la pasta, all’uovo, deve essere di giusta consistenza, né troppo fine né troppo “ghiozza”, il ripieno deve essere abbondante, e si deve avvertire il sapore della ricotta. Ebbene, i loro sono forse i migliori che abbia mai assaggiato, e meritano senz’altro il viaggio. Non li fanno loro ma il titolare, Sergio (credo sia il figlio di Otello), mi disse che andavano a prenderli due volte al giorno, per averli sempre freschi. Li servono conditi anche in modi strani, con speck, radicchio, etc. ma io li consiglio semplicemente con il ragù, anche perché il loro ragù è ottimo.
Per il resto si spazia su mare e terra. Il cinghiale in umido è di prima categoria, ma anche il resto è di ottimo livello. Da notare che in menù ci sono quasi sempre la frittura mista (calamari e gamberi surgelati), e la frittura di calamari freschi e, per non creare equivoci, questi sono tagliati a strisce, non ad anelli.
Il servizio è anch’esso “vecchio stile”, camerieri molto professionali e mai invadenti, ai quali non bisogna mai chiedere qualcosa perché ci pensano già da soli, con il proprietario che gira in sala e sorveglia, pronto a dare una mano in caso di bisogno.
Come dicevo, è da un pezzo che non ci vado, ma ricordo che il prezzo non era niente di esagerato, adeguato cioè alla “media fascia”.
Ganasce: tre è un po’ il mare magnum, ci sta tutto ed il contrario di tutto; considerando quindi che Otello si distingue per la cura dell’esecuzione e per la qualità delle materie prime, azzardo un quattro ganasce, e naturalmente ci ritorno quando ne ho l’occasione.
Trattoria Bar “Otello” di Benedetti SergioVia Indipendenza 1
57021 Venturina (LI)
Tel: 0565.851212
Fax 0565.858556
Riposo settimanale: Lunedì
7 risposte
IMHO da quel che scrivi le quattro ganasce non ci sono. Dalla definizione della categoria: “un ristorante dove si mangia bene e con inventiva, le materie prime denunciano una selezione accorta, il servizio è buono come la cantina”.
Sulla cantina non ci sono commenti, di inventiva da quel che leggo ne vedo pochina.
Sulla la qualità delle materie prime: uno dei piatti sempre in carta (la frittura mista) è fatto con pesce surgelato…
Mi sembra che quattro ganasce siano un po’ generose..
Si, è vero che della cantina non ho parlato, perché ogni volta che ci vado poi devo guidare, e mi limito, però è molto fornita, con tutti i migliori della Val di Cornia, hanno le mezze bottiglie e il vino al bicchiere.
C’è il pesce surgelato, ma anche quello fresco. I ravioli sono freschissimi ed eccezionali…
Non c’è molta inventiva, è vero, ma quello che mi piace è l’affidabilità: la giornata NO non ce l’hanno mai, ed il servizio è inappuntabile.
Io confermo le quattro ganasce anche perché, dopo l’introduzione della sesta, i criteri vanno un pochino ritoccati.
Non è del tutto esatto. le sei ganasce sono state introdotte per una categoria di ristoranti che, quando è nato Ciritorno, a Pisa non esisteva.
Le quattro sono sempre “pesanti”, ma è anche vero che in qualche caso, quando il lavoro è fatto proprio bene, l’abbiamo date anche, per così dire, extra
mettiamolo in forse e poi si vedra’…. (non sarebbe la prima volta che viene fatto cosi’) 🙂
Una considerazione generale sui punteggi: mi parrebbe naturale una interpretazione ponderale delle ganasce, ovvero tenendo conto anche della categoria del locale. Mi spiego con alcuni esempi: un “Ristorante medio” che prenda tre ganasce ha fatto onestamente, diciamo, il suo dovere; se ne prende due è insufficiente e se ne prende quattro è da ritenersi ottimo nel suo genere. Con la stessa logica, un ristorante popolare/trattoria con due ganasce è un locale “passabile” (si parla di ristoranti popolari, ovviamente), con tre ganasce è un buon posto, con quattro (difficilissime da dare, ad un locale di questa categoria, ovviamente e, quindi, caso eccezionale) una piccola e rara eccellenza.
Le due ganasce possono non essere, quindi e a mio avviso, un “marchio di infamia” ma, per alcune categorie di locali, rappresentare semplicemente il livello di sufficienza.
Il rischio altrimenti, sempre incombente, è quello di appiattire le valutazioni fra le 4 ganasce (mi garba!), le 3 ganasce (sufficiente!) e le due (non ciritorno!) a prescindere dalla tipologia del locale, dalle aspettative che genera, dalle aspirazioni di chi lo gestisce, ecc., ritrovandoci con risultati a volte squilibrati fra loro.
mi trovi d’accordo
P. S.: forse è il caso di spostare questo commento in “Considerazioni sui voti”, ripensandoci!