Il Poderino – Grosseto

Dal vostro agente in Maremma, un’eccezione agrituristica: Ristorante “Il Poderino” 35 Loc. Poggiale, Grosseto – 0564 493493 ?. Tel 0564493493

Innanzitutto trattasi di locale agrituristico che non ha menù: infatti appartiene alla serie del tutto compreso-chiavi in mano, 20 eurii. Addirittura anche il vino, caffè moka, e digestivo fanno parte del plafon. Ma per nulla agra e neanche turistica risulta la cena. Il menù vi viene recitato alla prenotazione telefonica: tipico della cucina locale, antipasti, minestra, pasta fresca, arrosti e dolce casalingo. E fino a qui, tutto apparentemente “ovvio”e rivisto, direte voi; senonchè lo spettacolo non è il solito di seconda o terza visione: servizio “ndo’ cojo cojo”, pasta fresca ex congelata scotta, pollo bruciacchiato alla graticola stile “Santo Lorenzo” arrivato a tavola diaccio cadaverico, verdure: punte, insalata del “discount”, vino innominabile…tutto quello che offre il catering agli agri turisti capitati nel solito podere “mattone-sabbiato- che-di più non se po”!

Al “Poderino” la musica è stata diversa.

Anche se la platea era strapiena, il servizio è stato puntuale ed efficiente. Professionale. La distribuzione dei tavoli comoda e sparsa, non il solito hangar rimbombante di bimbetti italiani sbraitanti figli di educatori menefreghisti,  la tavola stessa per niente “rustica”. Lo spettacolo inizia, come tutti i santi giorni, immancabilmente alle otto e trenta.

Subito atterrano vassoietti di antipasti (non i piatti trovati sulla tavola con dischetti divvuddì di maiali masterizzati). Il prosciutto è prosciutto e non il solito “remake”, la finocchiona idem, la mezza salsiccia “meticcia” di cinghiale non putrescente, anche i crostini di verdure curati, le olive al forno autoctone, (siete circondati da olivi col loro bel frantoino accanto), aglio agro fatto da loro…il vino  da uve di loro, conferite alla vicina cantina sociale del Cristo. Appena spolverato tutto ciò, niente pause interminabili di pane e vino,e, manco foste al pitt-stop della Ferrari,  velocissimi inservienti, fanno comparire un treno di piatti e relativo pentolino di minestra di ceci con ramaiolo come si deve, e vi autogestite,  cercando di rubare ai vostri commensali più tagliolini fatti a mano che potete. Nuovo cambio di piatti (senza aspettare la mezz’ora accademica) e chi t’arriva?

Mastro picio. Tremate, paventando il tipico scottimento del picio, manco foste anziani commensali che hanno lasciato la dentiera a casa, e invece stavolta è bello barzotto, coperto da un sughetto di carciofi veri  (non controfigure esangui uscite dalla scatoletta) con poco pomodoro e pochissima salciccia, anzi, diremmo, un lieve parfum de soucisse.

Fine del primo tempo.

Breve intervallo di una sigaretta, che, manco fossero atterrati dal vicino aereoporto, vi accolgono fumanti di camino a legna con griglia verticale a lenta cottura, croccanti rostinciane e pollo non unto.

Vi interrogate, vedendo che solo l’insalata accompagna i piatti, se siano state cancellate dal menu previsto, le patate per tutti i commensali,  ed eccole che arrivano, perfette, non riscaldate e tante a smentirvi per l’ennesima volta.

Cominciate a darvi pizzicotti del tipo sogno o son desto, che gentilmente una voce alle spalle vi chiede “ Chi vuole il caffè della moca?”, (una moka per cento persone?), mentre manco vi eravate accorti che la pinolata casalinga non si sa come era già sul tavolo.

Cominciate a frugarvi in tasca alla ricerca di altri soldi da aggiungere per gli extra di cui pensate di aver goduto, che, alla cassa rimanete strabiliati. “Quanti siete”, “sei” “Allora 120….grappa o….altro”

Capite? Senza consuntivo…extra….etc..

Qualcuno, svenuto per la sorpresa, viene riportato in vita da un limoncello vero, della casa, senza il retrogusto di sapone industriale, poco dolce, indimenticabile.

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